L’ipertrigliceridemia è una condizione che esprime un alto tasso di trigliceridi nel sangue. Può essere isolata o associata ad un contemporaneo aumento del colesterolo: in entrambi i casi si parla di dislipidemie, cioè di un’anomalia che consiste in un eccessiva presenza di grassi in circolo; in realtà, nel sangue, queste sostanze lipidiche vengono trasportate da proteine particolari, le lipoproteine, di diverso tipo, ed è proprio sulla distinzione tra le proteine associate a questi grassi che vengono classificate le dislipidemie.
In particolare, l’ipertrigliceridemia può essere primitiva o secondaria, cioè conseguenza di errati comportamenti alimentari, abuso di alcolici, stile di vita sbagliato, effetti collaterali di farmaci, oppure connessa a determinate patologie. L’eccesso di trigliceridi non è implicato direttamente nella formazione della placca arteriosclerotica (conseguenza per lo più di eccesso di colesterolo), però è un importante fattore di rischio delle malattie cardiovascolari, con cui è decisamente associato.
Per chiarire il concetto sul comportamento da adottare da parte di chi “ha i trigliceridi alti“, è importante considerare il rapporto tra eccesso di trigliceridi e sindrome metabolica. E’ questa una patologia multifattoriale, in continuo aumento in occidente, legata alla sedentarietà e al cattivo stile di vita, comportamenti largamente diffusi in questa parte del mondo; la caratteristica fondamentale consiste nell’aumento del grasso viscerale, cioè quello depositato nell’addome, ed è contraddistinta, a seconda dei criteri di classificazione, dalla presenza di almeno tre dei seguenti segni:
-
Ridotta intolleranza al glucosio
-
Diminuzione del colesterolo HDL al di sotto di 40 mg/dl (e 50 mg per le donne)
-
Aumento dei trigliceridi al di sopra di 150 mg/dl
-
Aumento della circonferenza addominale (>102 cm nell’uomo e 88 cm nella donna)
-
Ipertensione arteriosa.
Scopri di più