Lo zafferano, la nota spezia usata sin dall’antichità per dare sapore a molte pietanze, sembra racchiudere in sè proprietà terapeutiche che potrebbero rivelarsi efficaci nella lotta contro varie malattie cerebrali, tra le quali il morbo di Alzheimer.
Le proprietà antiossidanti dello zafferano, il cui nome scientifico è Crocus sativus, pianta appartenente alla famiglia delle iridacee, sono conosciute da molto tempo come pure è nota l’azione che la crocina, carotenoide che dona allo zafferano il suo caratteristico colore arancione, e il safranale, spezia che dona allo zafferano il suo inonfondibile aroma, svolgono per proteggere l’organismo dall’azione dei radicali liberi che provocano in un primo momento danni cellulari ed in un secondo tempo possono generare varie malattie. Le sue proprietà benefiche per la salute del cervello sono state oggetto di dibattito tra decine di studiosi greci e stranieri di fama mondiale durante un incontro recentemente organizzato ad Atene.
I benefici dell’azione antiossidante dello zafferano sono stati illustrati dal professor Moschos Polissiou dell’Università di Agricoltura di Atene il quale ha ricordato come le sostanze contenute nello zafferano possano proteggere e rivitalizzare le cellule, migliorare la circolazione sanguigna in particolare nel tessuto cerebrale e la memoria, ridurre vari disturbi cardiovascolari e tenere sotto controllo la crescita di cellule cancerogene che possono formarsi nel cervello, oltre a ridurre i danni causati da malattie cerebrali come l’Alzheimer.
Il professor Petros Tarantilis, docente di Analisi Chimica Strumentale dei Prodotti Naturali, ha inoltre parlato degli effetti benefici dei carotenoidi, contenuti in altissima percentuale nello zafferano, che combattono la formazione di cellule cancerogene, in particolare di quelle denominate K562 e HL-60, che sono state riconosciute come causa della formazione di leucemia.
“Gli studi in vitro sinora condotti sugli effetti dei carotenoidi nello zafferano hanno dimostrato che essi riducono la proliferazione di questo tipo di cellule. Se le ricerche continueranno a produrre risultati positivi presto sarà possibile impiegare queste sostanze nell’industria farmaceutica”.