Hummus, buon gusto e tanti benefici

L’hummus è una salsa molto gustosa, a base principalmente di ceci e dalle innumerevoli qualità benefiche. Scopriamole insieme, ricordando che si tratta di una preparazione facilissima da riprodurre.

Hummus piatto della tradizione

L’hummus proviene dal Medio Oriente, nel quale è tradizionalmente consumato da secoli. In Europa è diventato l’accompagnamento più diffuso di una cena salutare o un’alternativa ai classici piatti di legumi. Come abbiamo già indicato si tratta di una ricetta molto antica. La cui versione tradizionale prevede come ingredienti ceci cotti, olio d’oliva, succo di limone spezie e tahin, una crema di semi di sesamo. La sua preparazione è molto semplice: basta inserire tutti gli ingredienti in un frullatore.

In alcune versioni sono previste anche l’erba cipollina, l’aceto e l’aglio. A seconda dei paesi di provenienza l’elenco degli ingredienti può cambiare leggermente. Ciò che non cambia è la bontà di questa salsa e le sue proprietà benefiche.

E la ragione sta principalmente nel fatto che se osservato da un punto di vista di nutrienti, l’hummus è una ottima fonte di proteine vegetali, fibre, grassi insaturi, carboidrati, minerali e vitamine. Contiene infatti al suo interno buone dosi di potassio, magnesio, calcio e acido folico.
E altri bioattivi come i carotenoidi e i polifenoli. Non vi è nemmeno bisogno di descrivere quanto bene facciano alla salute degli esseri umani.

E’ stato rilevato come coloro che mangiano hummus assumono maggiori quantità di fibre, acidi grassi polinsaturi, vitamina A, vitamina E, vitamina C, folati, magnesio, potassio e ferro. Ovviamente rispetto a coloro che non introducono questo alimento nella loro dieta.

Cibo contenente poche calorie e tanti nutrienti

L’hummus è anche un alimento con poche calorie: 170 kcal per 100 g. E contenente 14 g di carboidrati, 10 g di grassi e 8 di proteine. Ragione per la quale viene proposto in porzioni di 150 g come secondo piatto da spalmare su del pane integrale o bruscato.

Più generalmente viene usato come alternativa di ripieno per i panini da coloro che seguono una dieta vegana. Dato che con i suoi nutrienti, unito ai carboidrati del pane, rappresenta un piatto completo al quale aggiungere eventualmente della verdura.

Più generalmente l’hummus può essere usato, se in piccole quantità, proprio come salsa nel quale intingere finocchi e carote per una gustosa merenda a base di verdura. Viene anche usato come accompagnamento delle patate al forno. E c’è chi lo utilizza come ingrediente base insieme al cioccolato per dare vita a ottimi dolci vegani.

Insomma, l’Hummus è un cibo molto gustoso e versatile da utilizzare in moltissime occasioni.

Poche calorie: gli alimenti consigliati

Quando si vogliono assumere poche calorie quali sono gli alimenti più consigliati? Solitamente seguire una dieta significa dover ridurre l’apporto calorico. Vediamo insieme come regolarci.

Cibi con poche calorie possono essere gustosi

Assumere poche calorie non significa per forza rinunciare al gusto. Esistono tanti cibi che possono dar vita a piatti gustosi senza far salire troppo il contenuto calorico. Anche se li utilizziamo per ricette più complesse. Nel gruppo di questi alimenti con poche calorie le verdure a foglia verde sono gli alimenti più interessanti da utilizzare. Sia perché con poche calorie sia perché sono ricche di nutrienti essenziali e fibre. Parliamo di cavolo riccio, rucola, lattuga, spinaci e tutte quelle altre verdure a foglia verde. Queste possono essere consumate sia come contorno che come parte integrante di frullati e centrifughe.

Un ostaggio perfetto caratterizzato da poche calorie è la zucchina. Possono essere cotte al forno, tagliate a mo’ di spaghetti come alternativa alla pasta e molti altri modi. Queste contengono vitamina C, fibre e potassio adatti al mantenimento di una dieta bilanciata. Se cerchiamo poche calorie nella frutta, il melone è uno di quelli estivi più adeguati da utilizzare in qualsiasi regime alimentare.

Parliamo di una cucurbitacea che è composta principalmente da acqua, vitamine, minerali antiossidanti. Anche i funghi contengono pochissime calorie e possono essere mangiati in insalata, come condimento, come contorno. Insomma possono essere davvero utilizzati in moltissime maniere. Sono in grado di dare una sensazione di sazietà più perdurante nel tempo.

Un alimento che non sfruttiamo abbastanza e possiede poche calorie sono le uova. Queste contengono molte proteine nobili e possono essere consumate in tantissimi modi differenti; Rientra tra gli alimenti che consentono di più di mantenere sotto controllo l’appetito.

Proteine dal basso apporto caloriche

Tra gli alimenti proteici senza dubbio il salmone e il pesce azzurro in generale rappresentano uno dei cibi da non far mai mancare sulla tavola. Questo è ricco di acidi grassi omega 3, proteine, vitamine del gruppo B e può essere cotto in moltissimi modi differenti. Altro alimento dal basso apporto calorico è lo yogurt greco che può essere utilizzato come base di dolci molto gustosi e leggeri. Carote, quinoa e bacche possono essere utilizzate per moltissime ricette differenti.

Il loro apporto calorico basso, la capacità saziante e il loro poter essere trasformati in snack gustosi consentono di inserirli anche in diete dimagranti soddisfacendo il palato di tutti.

Insomma, poche calorie difficilmente corrisponde ha poco gusto. Soprattutto se vengono selezionati gli alimenti giusti in base ai loro nutrienti e alla loro versatilità di cottura o preparazione.

Sonno migliore mangiando più proteine

Un sonno più profondo potrebbe esserci garantito da un maggiore consumo di proteine a cena. È questo il risultato di uno studio recentemente condotto in merito. Scopriamone di più.

Sonno più profondo mangiando legumi

A quanto pare, da un maggiore consumo di proteine a cena il nostro sonno può solo che giovarne. Soprattutto se si parla di proteine vegetali come quelle provenienti da legumi. Parliamo di ceci, piselli, soia, fave e fagioli. O assimilabili da cereali come quinoa, avena, frumento e riso. Anche le proteine delle uova possono aiutarci ad avere un sonno migliori. Parlando di carne, in tal senso è preferibile optare per tacchino o pollo.

Generalmente per dormire bene la sera la regola da seguire sarebbe fare una colazione da re, un pranzo da principi e una cena da poveri, evitando soprattutto prima di andare al letto cibi dolci e grassi. Lo studio recentemente condotto, pubblicato sulla rivista Cell, vuole sfatare un poco il mito del carboidrato che fa dormire bene la notte.

Secondo i ricercatori infatti sarebbe meglio consumare una cena a base di proteine vegetali per ottenere un sonno più profondo. Parliamo degli scienziati dell’Harvard Medical School secondo i quali a fare davvero la differenza sarebbe una proteina che viene sintetizzata dall’intestino e dal cervello. Il suo nome è CCHa1 sintetizzata nel nostro intestino.

All’interno dello studio, utilizzando come modello i moscerini della frutta, e stato notato che la qualità del sonno era influenzata dalla presenza del suddetto protide all’interno dell’intestino e del cervello. Bloccandone la sintetizzazione in alcuni moscerini è stato possibile vedere come questi avessero un sonno molto più leggero rispetto a quelli che la sintetizzavano naturalmente. E che in quegli insetti nei quali la proteina era stata moltiplicata erano ancor più difficili da svegliare.

Gestione semplice attraverso l’alimentazione

sonno alimentazione

Cosa ci fa pensare questo? Prima di tutto che la presenza di questa proteina è condizionata dall’alimentazione e che la si può accrescere aumentando l’apporto proteico. Allo stesso tempo però bisogna ricordare che non è particolarmente salubre consumare troppa carne la sera. Anche perché di solito i grassi presenti potrebbero disturbare il sonno. Con le giuste dosi in base alla propria condizione fisica è possibile favorire un consumo maggiore dei legumi, dei cereali e delle uova sopracitate aggiungendo qualche seme oleoso come nocciole, mandorle e noci.

In questo modo il sonno dovrebbe uscirne rafforzato. Ovviamente si tratta di uno studio su modello animale, ancora non applicato all’uomo. Ragione per la quale prima di modificare in modo importante la propria dieta è meglio chiedere aiuto e consiglio al proprio medico.

Collagene: perché non deve mancare dalla nostra dieta

Che si tratti di alimenti o integratori, la proteina-colla dovrebbe farne parte. Perché, senza di essa, l’intero nostro corpo andrebbe a “sgretolarsi” – dalla pelle e le articolazioni ai vasi sanguigni. Scopriamo insieme come assumerla, quando farlo e come individuare il miglior integratore di collagene, come Chondrovita che vedremo più avanti

chondrovita

Salute della pelle

Con il tempo e le sollecitazioni, la proteina che tiene insieme i nostri tessuti tende a diminuire. Bisogna collaborare – proteggendola e stimolando la sua produzione naturale nel nostro corpo. Come? Per esempio, inserendo nella dieta: 

  1. brodo di ossa – “l’elisir di bellezza”, la ricetta della nonna oggi tornata in voga (con tanto di testimonial famose) perché la bollitura estrae collagene, acido ialuronico, sali minerali e altri elementi preziosi per tutto il nostro organismo, restituendoci un liquido che contiene pochissime calorie e che “scioglie” persino la cellulite;
  2. pesce azzurro – per gli acidi grassi omega 3, che restituiscono corpo e luminosità a pelle e capelli;
  3. olio d’oliva – grazie agli acidi grassi insaturi e antiossidanti;
  4. pomodoro – che stimola la produzione di acido ialuronico e protegge la pelle durante l’esposizione al Sole;
  5. tè verde – che rallenta la disgregazione delle fibre di collagene, a patto che l’infusione non venga fatta in acqua bollente ma a temperatura più bassa;
  6. agrumi – un vero concentrato di vitamina C, che aiuta gli aminoacidi a convertirsi in collagene;
  7. uova – per le sostanze contenute, compresa la vitamina A, che mantengono il collagene;
  8. patate – per il Selenio, che aiuta a preservare il collagene e l’elastina;
  9. frutta secca – ricca di vitamina E, antiossidanti e acidi grassi essenziali che proteggono il collagene e aumentano l’elasticità della pelle;
  10. carote – per l’alta concentrazione di vitamina A, che contribuisce alla riparazione delle cellule danneggiate.

Tutto questo ricordandoci che stress, fumo, eccesso di alcol, zuccheri raffinati, fritti o troppo Sole senza protezione possono vanificare i nostri sforzi. 

Salute di ossa e articolazioni

Il collagene rappresenta il 30% di tutte le nostre proteine, ed è la struttura-portante di ossa, cartilagini, tendini e tessuti connettivi (come i legamenti). Responsabile della forza e della flessibilità delle nostre articolazioni, il collagene aiuta a riparare gli eventuali danni e a mantenerle forti ed elastiche.

Siccome la molecola di collagene è troppo grande per superare la “barriera” della pelle, si usa quella idrolizzata – passata, cioè, per una scissione prodotta dall’acqua. Una volta ridotta in frammenti più piccoli chiamati peptidi, diventa digeribile e di facile assorbimento e assimilazione

Oltre a migliorare la qualità dei capelli e delle unghie, il collagene idrolizzato si usa principalmente per lesioni o danni, anche da attività sportiva, artrite reumatoide, osteoartrite, osteoporosi e fragilità ossea. Ma questo non significa che non serva a tutti. Pensiamo a chi fa un lavoro usurante o gravoso oppure passa troppe ore in piedi o da seduto (anche in smart working); alle donne in menopausa, che possono perdere fino a un terzo del collagene cutaneo soltanto nei primi 5 anni dalla fine della fertilità; ai ragazzi che esagerano con il “cibo-spazzatura”, che affrontano disordini alimentari o che hanno problemi posturali; agli sportivi e atleti dilettantistici e professionistici o a chi fa fitness; alle persone in sovra o sottopeso, anche in seguito a interventi chirurgici o lunghe degenze e, ovviamente, agli over 60.

Come scegliere l’integratore giusto

Non tutti gli integratori rispondono ai requisiti di efficacia, qualità e massima sicurezza, a cominciare dalla provenienza del collagene. Inoltre, alcuni contengono peptidi non abbastanza piccoli; altri – latticini, glutine, zuccheri, grassi e colesterolo.

Andiamo dunque a vedere, controindicazioni e criteri:

  • Il collagene idrolizzato non va assunto da bambini sotto i 3 anni, in presenza di diete a basso apporto di proteine, patologie epatiche o renali, ipercalcemia e terapie con calcitonina oppure integratori di calcio, e va valutato caso per caso durante la gravidanza e l’allattamento,  
  • L’integratore deve basarsi su un principio attivo certificato (come, per esempio, il Gelita – peptide Gelita Peptiplus), su frammenti abbastanza piccoli, e non deve contenere sostanze né nocive, né problematiche per le persone che soffrono di allergie o intolleranze.

Un integratore di collagene animale che risponde a tutti questi criteri è il ‘Chondrovita’ – un prodotto certificato e già utilizzato con successo, in questi giorni di ritorno in distribuzione. Perché sceglierlo? Perché, oltre ad avere tutti i requisiti, si propone come soluzione di massima qualità non solo per la “riparazione” ma anche per la prevenzione. Cioè, per la libertà sia dal bisogno, sia dalla dipendenza dai continui acquisti. Con sole 30 bustine per un mese e, certo, una dieta e uno stile di vita equilibrati. Perché quello che ci mantiene sani, ci rende anche belli.

Dieta vegana, attenzione a trigliceridi e glicemia

La dieta vegana fa salire trigliceridi e glicemia? È una domanda che molti esperti si stanno ponendo ora che questo approccio all’alimentazione sta prendendo piede sempre di più fra molti individui.

Cambiamenti nelle analisi del sangue

Portando a osservare in diversi casi questo particolare cambiamento all’interno nelle analisi del sangue delle persone. Ora ovviamente la dieta vegana di per sé stessa e per chi intende seguirla può essere non solo utile ma sostenibile. A patto ovviamente che in caso di necessità, sotto controllo medico, vengano assunti gli integratori necessari al mantenimento di uno stato di salute adeguato.

Quando si parla di trigliceridi e glicemia il vero problema è comprendere qual è la tipologia di cibo che si predilige all’interno di questo specifico percorso alimentare. Perché ovviamente la produzione industriale di alcuni cibi, come burger vegetali o pane bianco non è sempre salutare come dovrebbe.

E alcune persone, pur mangiando vegano, si sono trovati valori dei trigliceridi e della glicemia sballati. Ovviamente dobbiamo pensare a nutrienti che vengono ingeriti in questo caso. Magari senza accorgersene si ingeriscono più zuccheri e  più grassi senza volerlo. Ora, inutile girarci attorno: per la sopravvivenza del pianeta un’alimentazione vegana o vegetariana e sicuramente più adatta.

Dieta vegana e i giusti nutrienti

Il problema è che non sempre le persone, seguendo la dieta vegana, rispettano effettivamente i macronutrienti necessari al loro sostentamento. E non solo, talvolta nonostante un approccio salutista di questo tipo tendono a consumare più bevande zuccherate, patatine, prodotti industriali che non possono essere paragonati ad alimenti biologici o frutta e verdura.

Questo fa della loro alimentazione un approccio al cibo non propriamente salutare. Uno studio scientifico pubblicato sulla rivista Nutrients ha messo a confronto lo stile di vita di chi si pone come convenience vegan  e come health conscious vegan. Ovvero chi privilegia cereali raffinati e alimenti processati e quindi già pronto al consumo e chi invece si alimenta con una varietà importante di cereali legumi, frutta guscio e verdura e utilizza pochi cibi già pronti.

Alla normale carenza di vitamina D, vitamina B12 e acidi grassi omega 3 che è possibile riscontrare in quest’ultimo approccio e che può essere sistemato grazie a degli integratori, nel primo caso si aggiungono tutte quelle problematiche legate ai cibi iperprocessati. Come per l’appunto una crescita nel valore dei trigliceridi e della glicemia.

Cosa ci dice questo? Che la dieta vegana ovviamente non fa male all’organismo, ma che deve essere condotta in maniera intelligente. Sotto controllo medico e tenendo conto di eventuali integrazioni che l’organismo potrebbe necessitare.

Acqua e limone fa davvero bene?

Acqua e limone fanno davvero bene? Questo rimedio naturale viene spesso “venduto” come panacea. La realtà dei fatti ci racconta che pur essendo effettivamente benefico per l’organismo, possiede anche i suoi contro.

Acqua e limone non è per tutti

Acqua al limone, senza titoli sensazionalistici, è una bevanda che può effettivamente apportare al nostro organismo vitamine ed elementi importanti. Ma allo stesso tempo non è adatta a tutti e non solo per via del suo sapore. Spesso e volentieri tendiamo a confermare come irrinunciabili delle abitudini che sono poco più che leggende metropolitane.

In questo caso in molti sono convinti che acqua e limone sia in grado di far ripartire l’organismo, dare una spinta al metabolismo e farci iniziare la giornata in modo migliore.

La ricerca scientifica non ci conferma né smentisce questo fatto. Nel senso che sono troppo pochi i dati in tal senso per poter dire che faccia davvero bene. Ora, è composta da limoni: agrume mediterraneo in grado di fornire vitamina C e altri elementi naturali al corpo. Di certo non ci fa male, dato che ha funzioni antireumatiche e antiuricemiche nonché ipotensive conclamata. Come tutti i cibi contenenti vitamina C aiuta ad assimilare il ferro che si trova nei vegetali e aiuta a digerire.

Il famoso canarino che viene dato a fine pasto in alcuni casi è proprio a base di limone. Per secoli è stato sempre consumato come astringente davanti a una peristalsi troppo attiva. E non di rado è stato utilizzato anche per curare l’acne, le scottature, le verruche e le micosi della pelle.

Negli anni è stato possibile provare scientificamente la sua validità in tal senso in molti casi. Come è stato smentito che il limone sia in grado di cancellare i tatuaggi con l’esposizione solare.

Benefici ma anche problematiche

Bere acqua e limone quindi consentirebbe di unire il beneficio dell’idratazione a quello dell’assunzione di questo agrume. Lo ripetiamo: non è qualcosa per tutti. E la ragione sta principalmente nella sua acidità. Acqua e limone infatti può aumentare e peggiorare sintomi di ulcere, bruciore di stomaco, e i problemi di reflusso gastroesofageo.

Viene considerato come uno stimolante del metabolismo ma va sottolineato che non ci sono prove che lo faccia realmente. E singolarmente ogni elemento non ha effetti dimagranti. Ecco quindi che per quanto si possa beneficiare dall’assunzione di acqua e limone dobbiamo non dimenticare che sono tra i frutti più acidi presenti in natura. E che il loro consumo estremizzato può anche arrivare a rovinare i denti. Può peggiorare lesioni all’interno della bocca e portare al mal di stomaco nel caso venga bevuta a digiuno.

Colesterolo cattivo, cosa mangiare e cosa no

Quando vogliamo abbassare il colesterolo cattivo o LDL, seguire una dieta sana ed equilibrata è basilare. In particolare dobbiamo fare attenzione agli alimenti che selezioniamo per il nostro sostentamento.

Come combattere il colesterolo cattivo

Quello del colesterolo cattivo alto è un problema che colpisce molte persone in tutto il mondo. Non di rado è accompagnato da problemi di salute generale e da un maggiore rischio di malattie cardiache. Cosa possiamo mangiare per abbassarlo? E cosa dobbiamo evitare per forza?

Quando si parla di colesterolo cattivo è importante limitare al minimo il consumo di alimenti che possono causarne la crescita nel sangue. Ovvero dobbiamo evitare in particolare quei cibi ricchi di grassi saturi come i latticini interi, formaggi stagionati, burro e carni grasse. Allo stesso modo dobbiamo tenerci lontani da cibi ricchi di grassi trans come quelli fritti, gli snack confezionati, le patatine fritte e prodotti da forno di tipo industriale.

Anche gli zuccheri sono qualcosa dal quale dobbiamo tenerci il più possibile lontano. Soprattutto se presenti sotto forma di bevande zuccherate, dolci di diversa tipologia e anche alimenti ad alto contenuto di zuccheri semplici in generale.

Se vogliamo combattere il colesterolo cattivo possiamo però contare su alcuni alleati da inserire nella nostra dieta. Per prime le fibre solubili, dato che si legano al colesterolo presente nel tratto digestivo e consentono di eliminarlo dal corpo. Fonti di questa tipologia di elemento sono cereali integrali, semi, legumi, frutta e verdura.

Ottimo l’aiuto dagli acidi grassi omega 3

Ottimali per combattere il colesterolo cattivo anche gli acidi grassi omega3 che possiamo trovare nel tonno, nello sgombro, nel salmone è più generalmente nel pesce azzurro. O nelle noci. Ovviamente per combattere questo valore del sangue possiamo mettere in atto anche delle vere e proprie strategie come quella della limitazione dell’assunzione di sodio, in modo tale da proteggere il nostro apparato cardiovascolare. Possiamo consumare alimenti o bevande ricche di antiossidanti in modo da ridurre l’infiammazione e proteggere il cuore.

Sono differenti le cause alla base del colesterolo alto e sono legate non solo al comportamento alimentare ma anche a una possibile ragione genetica nella incapacità dell’organismo di gestirlo.

È importante tenere sotto controllo questo valore per assicurarci un buono stato di salute del nostro organismo. È per tale ragione che dobbiamo tenerci più lontani possibile dai cibi che possono rappresentare un fattore di rischio e favorire l’inclusione di quelli che consentono di proteggere il nostro sistema cardiovascolare. Allo stesso modo non dobbiamo dimenticare l’importanza di una regolare attività fisica e il mantenimento di uno stile di vita sano.

Placare la fame, cosa fare

Come placare la fame nel modo giusto? Conoscendo in maniera importante quelli che sono gli stimoli e da cosa dipendono. Senza avere paura di affrontare la situazione nel modo più corretto.

fame nervosa

Placare la fame conoscendola meglio

Dobbiamo infatti ricordare che la fame è controllata da segnali di diversa tipologia e complessità. Questo ci deve portare a imparare a gestirla nel modo più consono alla sua origine. Non possiamo pensare di placare una fame nervosa come faremo con un eventuale bisogno reale di cibo.

Placare la fame quindi passa anche attraverso la conoscenza relativa alle reazioni del sistema nervoso centrale, ormoni e intestino. Tenendo conto che l’ipotalamo è una zona importantissima per quel che concerne l’appetito. Quando abbiamo fame, infatti, questa parte del nostro encefalo rilascia dei neuropeptidi stimolanti di una certa tipologia, differenti dalla leptina che produce nei momenti di sazietà.

Quando abbiamo bisogno di placare la fame dobbiamo scoprire se ciò che sentiamo è effettivamente causato da un bisogno fisiologico o se riguarda quella che possiamo considerare fame nervosa. In questo caso infatti parliamo di un modo che ha il nostro corpo di affrontare uno stato emotivo alterato. Qualcosa che ci porta a dar vita agli episodi di alimentazione incontrollata.

Ecco come regolarci

rimedi naturali contro la fame nervosa

Come gestire quindi la situazione e placare la fame nel modo giusto? Prima di tutto dobbiamo fare delle scelte alimentari di tipo consapevole. E questo significa comunque scegliere sempre degli alimenti capaci di donarci i nutrienti di cui abbiamo bisogno. Puntando magari su dei cibi che siano in grado di farci sentire sazi più a lungo, come carboidrati complessi, grassi sani e proteine magre. Allo stesso tempo dobbiamo stare attenti a tenerci lontani dai cibi ad alta densità calorica.

L’acqua in tal senso può darci una mano perché ci consente di far funzionare al meglio il nostro sistema digestivo e allentare i morsi della fame. In particolare se la nostra fame è di tipo emotivo bisogna cercare di abbattere le cause alla base, lavorando potenzialmente su una terapia che ci consenta di sistemare quelle situazioni che ci creano stress.

Se vogliamo placare la fame possiamo puntare su un frutto, su una verdura od ortaggio facile da mangiare come il finocchio, una mela, qualche pezzo di frutta a guscio. Ma ancora più importante dobbiamo assicurarci di dormire abbastanza di notte. Dormire bene infatti consente di evitare una produzione eccessiva di grelina, l’ormone che stimola l’appetito.

Insomma, per essere sicuri di placare la fame nel modo giusto dobbiamo non solo selezionare cibi che ci consentano di stare bene ma anche verificare la presenza di problematiche emotive, al fine di risolverle nel modo giusto.

Acqua, quando è meglio berla?

Quando è meglio bere acqua? Soprattutto con l’arrivo della bella stagione e la necessità di depurare il nostro organismo, sapere quando idratarci è basilare per stare in salute.

Tanti i benefici di una corretta idratazione

Fra le altre cose, una corretta idratazione e la giusta gestione dell’acqua consentono di poter utilizzare questo fluido come un vero e proprio alleato per perdere peso. Partiamo da un presupposto: l’acqua, al suo interno, contiene tutta una serie di sostanze nutritive basilari per il funzionamento del nostro organismo.

I più importanti sono i sali oligominerali, ma più generalmente possiamo dire che bere ci aiuta a rinforzare le difese immunitarie e a tenere lontani complicanze ossee e cardiovascolari.

Inutile dire che sia anche uno degli strumenti più importanti per regolare la temperatura corporea e recuperare energie. Non importa ingerirla sotto forma di tisana o al naturale: non deve mai mancare durante le nostre giornate. Generalmente si sostiene che sono circa due i litri da bere ogni giorno per mantenersi in salute. Entrando più nello specifico, questa quantità può cambiare a seconda delle condizioni patologiche della persona.

In base al funzionamento dei nostri reni e delle nostre necessità potremmo dover bere una quantità di questa maggiore o minore. Quel che è certo è che avere un organismo idratato consente di avere una pelle luminosa ed eliminare le scorie e liquidi in eccesso.

Tra i favori che l’acqua ci fa c’è anche quello di farci sentire sazi quando beviamo prima dei pasti. Idratandoci in quel momento non solo riusciamo a introdurre una sua maggiore quantità nel corpo ma tendiamo anche a mangiare di meno.

Quando è meglio bere acqua

acqua sali minerali

Quando è meglio bere acqua quindi? In realtà non esiste una vera e propria regola su come suddividere la quantità giornaliera da assumere. Di certo bere prima può aiutarci per favorire un senso di sazietà. Berne a piccoli sorsi nel corso dei pasti ci consente di sostenere in maniera corretta la digestione del cibo e l’assorbimento dei nutrienti.

È un po’ la ragione per la quale, secondo alcuni studi, un’alimentazione sana e bilanciata insieme a una idratazione efficiente può essere un valido percorso da seguire per perdere peso. In linea teorica si dovrebbero bere almeno 8 bicchieri di acqua al giorno. In questo modo i due litri medi da assumere fanno meno paura, anche a chi non ha un rapporto buonissimo con questo fluido.

Ed è importante comprendere che la quantità da ingerire non solo cambia in base alle esigenze legate a potenziali patologie ma deve essere calcolata anche in rapporto al clima e all’attività fisica che viene eseguita.

Dieta povera di potassio, attenzione alle verdure

Se si ha bisogno di seguire una dieta povera di potassio gli alimenti ai quali bisogna fare più attenzione sono frutta e verdura. Proprio quelli che di solito consumiamo in buone quantità all’interno di un’alimentazione sana.

Niente integrale in dieta povera di potassio

È incredibile quanto potassio possano contenere quegli alimenti che di solito consumiamo e che consideriamo salutari. È importante sottolineare come in realtà questi lo siano, ma se si hanno problemi di una certa tipologia e si necessita di seguire una dieta povera di potassio, automaticamente smettono di esserlo.

Prendiamo ad esempio i finocchi: praticamente perfetti sotto ogni punto di vista all’interno di un regime alimentare sano, hanno un contenuto abbastanza alto di potassio che, se unito alla pasta integrale, può far salire i livelli con facilità. Se il corpo non ha problema a smaltirlo con le urine tutto va bene. In caso contrario i valori salgono e si ha bisogno di rivedere l’intero impianto alimentare.

Una dieta povera di potassio non consente di mangiare liberamente frutta e verdura, soprattutto se i livelli sono medio alti. Ecco quindi che all’interno di un regime alimentare specifico per questo problema si possono consumare mele e mirtilli entro un certo limite.Ma non altri frutti. Avendo cura di cuocere la prima per sicurezza.

Per quel che riguarda le verdure all’interno di una dieta povera di potassio la questione si fa ancora più complessa. In questo caso infatti il metodo di cottura è basilare per perdere tutto il potassio in eccesso rispetto a quello di cui si ha bisogno.

Attenzione al fabbisogno giornaliero

Il fabbisogno medio giornaliero di una persona si aggira intorno ai tre grammi. Per rimanere nei ranghi vi è la necessità di eseguire per molte verdure, soprattutto quelle contenenti potassio alto (che andrebbero evitate), una doppia bollitura.

Bisogna iniziare con una prima cottura di diversi minuti e a metà della bollitura necessaria scolare, inserire nuova acqua e riportare a bollore fino alla fine della cottura. Ovviamente il sapore in questo caso non sarà entusiasmante. Ragione per la quale sarà meglio puntare su un condimento leggero e all’agro con altri elementi poveri di potassio.

Non potendo lavorare più di tanto sulle carni se non favorendo il consumo di pesce, è possibile agire sui cereali. Quando si ha la necessità di seguire una dieta povera di potassio bisogna mettere al bando quelli di tipo integrale e puntare su quelli bianchi o sul riso e polenta. In particolare questi ultimi due alimenti contengono molto meno potassio anche rispetto alla pasta di semola.

Zafferano e depressione

Zafferano e depressione: qual è il loro rapporto? Secondo alcuni studi recentemente condotti, questa spezia sarebbe in grado di essere d’aiuto nel trattamento di questa malattia.

Cosa è lo zafferano

Lo zafferano è una spezia molto preziosa, nel vero senso della parola, utilizzata nella cucina italiana  e in quella mediterranea. Perfetta per dare sapore a numerosi piatti è da un po di tempo sotto analisi per via dei suoi effetti benefici. Uno tra i quali quello legato alla depressione e al suo trattamento.

Negli ultimi tempi studi dedicati hanno confermato quei benefici che la tradizione popolare riportava da tempo. Certo, ci sarebbe bisogno di campioni più grandi per avere maggiori conferme, ma anche diverse revisioni confermano come l’utilità dello zafferano non sia semplicemente una diceria.

Secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità almeno il 7% degli adulti In Italia soffre di depressione. La casistica vede più frequente comparire di questa patologia tra le donne, tra le persone che sono più svantaggiate a livello sociale per via di difficoltà economiche, bassa istruzione o precarietà lavorativa. Ma anche tra chi ha una salute cagionevole o vive da solo.

Un malessere cresciuto durante il periodo delle restrizioni dettate dal Covid. Una situazione che ha portato molte persone a utilizzare sotto prescrizione farmaci ansiolitici e antidepressivi, sebbene con qualche effetto collaterale. È qui che entra in gioco lo zafferano e più in generale il rimedio naturale nei confronti di questa patologia.

Apprezzato contro la depressione

In uno studio condotto a doppio cieco nel 2005 dalla durata di sei settimane, randomizzato e controllato, è stato notato come l’assunzione di zafferano sia stata efficace nel mitigare i sintomi della depressione. Due metanalisi di studi randomizzati e controllati eseguite nel 2013 e nel 2019 hanno preso in analisi gli effetti dell’uso di zafferano in persone affette da depressione moderata e grave.

Anche in questo caso lo zafferano ha mostrato di essere in grado di ridurre in maniera significativa i sintomi rispetto al placebo. È stata notata una efficacia sostanzialmente sovrapponibile con l’assunzione di antidepressivi.

Ora, detto ciò non si può iniziare a pensare di dare risotto allo zafferano a tutti e pensare di curare la depressione. Quel che è certo è che insieme alla terapia e dove necessario ai farmaci si può provare ad approcciare con un elemento naturale come questa spezia.

L’utilità di determinati alimenti è un fattore ormai appurato. Si può quindi affiancare a una terapia classica anche quella naturale, magari come in questo caso aggiungendo lo zafferano alla nostra dieta. Più in generale poi avendo un approccio più sostenibile alla nostra vita, passando tempo all’aria aperta inattività rilassanti.

Dieta del supermetabolismo, è per tutti?

La dieta del supermetabolismo è per tutti? Questo regime alimentare, seguito anche da Cher e Jennifer Lopez promette di far perdere fino a 9 kg in un mese. Cerchiamo di scoprirne di più.

Perdere peso bruciando di più

È evidente senza bisogno di dirlo che l’obiettivo della dieta del supermetabolismo è quella di perdere peso. Si tratta di un regime alimentare affrontato diverse volte in programmi come quelli del dottor Oz e Good Morning America, dove ha trovato riconoscimento per i risultati raggiungibili. La sua ideatrice è la nutrizionista Haylie Pomroy, la quale l’avrebbe messa a punto pensando a uno scopo estetico legato al dimagrimento. Ma anche per funzionare come terapia nutrizionale per chi soffre di obesità o malattie croniche.

Sul sito della nutrizionista è possibile ritrovare un riassunto di questa dieta del supermetabolismo. Come il suo nome fa comprendere questo regime punta a rendere più veloce il metabolismo e di conseguenza dar modo al corpo di perdere peso. Non si tratta di una dieta che punta ad affamare le persone, quanto a portare a un consumo a rotazione di alcuni alimenti specifici.  In grado di causare per l’appunto un’accelerazione del metabolismo e una riduzione del livello di cortisolo e insulina. Ovviamente, a tutto ciò, deve essere aggiunta dell’attività fisica.

Cosa si mangia con la dieta del supermetabolismo

La dieta del supermetabolismo in linea teorica porta a perdere anche 9 kg in un mese. Secondo la sua ideatrice questo approccio all’alimentazione consente di produrre gli ormoni T3 eT4 quattro, limitare la produzione di insulina e quella di cortisolo, conosciuto anche come ormone dello stress. E ancora alleggerire il carico di lavoro del fegato, aumentare il metabolismo basale e calmare le ghiandole surrenali.

Ci sono delle regole da seguire in modo stretto a prescindere dalla tipologia di alimento. Le principali sono quella di fare colazione entro mezz’ora dal risveglio, mangiare un massimo di 5 volte al giorno facendo passare tre o quattro ore da un pasto all’altro. E ancora acquistare prodotti biologici, fare attività fisica per tre volte la settimana e bere 30 cl di acqua per ogni chilogrammo di peso.

Ogni giorno è possibile mangiare solo specifici gruppi di alimenti. Seguire questa indicazione alla lettera è basilare per ottenere risultati.
Lo schema è seguente: lunedì e martedì bisogna mangiare frutta, verdura, proteine e cereali, mentre mercoledì e giovedì solo proteine e verdure. Questo significa dire no anche ai carboidrati della frutta e ai grassi. Venerdì sabato e domenica bisogna assumere grassi e proteine e si può aggiungere della frutta, a patto che sia a basso indice glicemico e una mezza porzione di cereali come riso integrale, quinoa o avena. È vietato sempre il consumo di latticini.

Gwyneth Paltrow, impossibile definirla dieta

Se pensiamo al regime alimentare di Gwyneth Paltrow è impossibile definirlo dieta. È più che altro un’arte nei digiunare quasi portata all’estremo. Difficilmente potrebbe essere descritta in altro modo.

Gwyneth Paltrow e la sua colazione

Confidandosi nel corso del podcast The Art of being well with Dr. Cole, l’attrice ha spiegato ciò che fa per mantenersi in forma. E se diversi nutrizionisti e dietologi sono rimasti inorriditi, di sicuro hanno tutte le ragioni di questo mondo. Non tanto perché racconta di seguire la dieta del digiuno intermittente che è ancora fonte di molte discussioni tra tanti scienziati. Ma perché non dà al proprio corpo i giusti nutrienti, cibandosi praticamente solo di brodo di ossa e verdure.

Viene da chiedersi come faccia Gwyneth Paltrow essenzialmente a rimanere in piedi, dato ciò che consuma quotidianamente. All’interno dell’intervista ha raccontato di cenare presto, eseguendo per l’appunto un digiuno intermittente. Che nel suo caso consiste nel non ingerire nulla per 16-18 ore. E già qui si potrebbe contestare la durata.

Peggio accade quando si pensa agli alimenti: Gwyneth Paltrow ha infatti raccontato di bere un caffè al mattino e succo di sedano con limone. Questo per non alzare i suoi livelli di glicemia la mattina. Dopo aver fatto quella che definisce “colazione” si allena camminando o facendo pilates per un’ora con il proprio personal trainer.  Per poi fare un dry brushing e una sauna infrarossi per circa 30 minuti.

Attenzione alle carenze nutrizionali

A pranzo “mangia” brodo di ossa di carne quasi tutti i giorni, definendola zuppa. Mentre riduce la cena a un consumo di alimenti che segue la dieta paleo che di base evita carboidrati, latticini, sale e zuccheri puntando principalmente sul consumo di tante verdure. La speranza è che in qualche maniera aggiunga anche delle proteine, altrimenti non si comprende assolutamente come possa sostenere questo stile di vita.

Non è la prima volta che Gwyneth Paltrow fa clamore con le sue scelte di vita. Di certo il suo regime alimentare non è assolutamente da emulare. Anche in caso di vita abbastanza sedentaria è totalmente squilibrato e non adatto a fornire l’energia necessaria per affrontare adeguatamente la giornata. Figurarsi un allenamento come quelli che l’attrice esegue ogni giorno.

Va sottolineata una cosa: lei è potenzialmente libera di fare quel che vuole della sua vita e del suo corpo. È assolutamente da evitare considerare il suo uno stile di vita sano. Per mantenersi in forma non c’è bisogno di approcciare l’alimentazione in questo modo così estremo. Soprattutto se l’obiettivo è quello di stare bene, senza potenzialmente occorrere in carenze nutrizionali di qualsiasi tipo.

75 hard challenge, è pericolosa?

nonLa 75 hard challenge è in pratica una sfida contro se stessi per perdere più peso possibile. Una nuova tendenza inventata da Andy Frisella non solo per il corpo ma soprattutto per la mente.

Cosa è la 75 hard challenge

Quando chiamiamo in causa la 75 hard Challenge non parliamo semplicemente di un approccio motivazionale a una vita sana ma di qualcosa che il suo inventore definisce un programma di resistenza mentale trasformativa.

Qualcosa che non è propriamente adatto a tutti perché potrebbe apportare a livello mentale ancora più danni rispetto a quelli che una persona potrebbe presentare nel momento in cui si approccia a tale tendenza. La 75 hard Challenge presenta delle regole semplici ma rigide: due allenamenti al giorno di cui uno all’aperto, una dieta che punti al miglioramento fisico dove sono assolutamente vietati gli alcolici e gli spuntini fuori pasto. E lo scattare una foto quotidianamente per mostrare i progressi ottenuti. A tutto ciò deve essere aggiunta la lettura di 10 pagine di un libro ogni giorno e il bere tre litri e mezzo di acqua in 24 ore.

Quando ci chiediamo se questo approccio è pericoloso, la domanda è lecita. Tre litri di acqua al giorno sono una misura eccessiva per moltissime persone. A livello fisiologico. Quindi già partendo da questo punto la challenge non è adatta a tutti. Ancor peggio è il dover ricominciare da capo se si fallisce in uno dei punti.

Non adatta a tutti fisicamente

Ora, va sottolineato che sul suo sito Frisella indica la necessità di richiedere prima un consulto medico per comprendere se la persona sia adatta a seguire questo approccio. In linea teorica la challenge, che è stata lanciata nel 2019, nasce anche per migliorare l’autostima della persona, la sua fiducia, la sua forza e la sua perseveranza.

Dopo 75 giorni di questo approccio alla Iron Man, di sicuro chi ha iniziato il percorso avrà letto almeno 750 pagine. Avrà imparato a mangiare in modo differente, sarà estremamente idratato e potrà verificare il suo progresso giornaliero. In realtà, come sottolineano gli esperti, si tratta di un approccio che presenta più criticità che altro.

Non viene specificato quale tipo di attività fisica deve essere fatta due volte al giorno. Senza contare che non si può dare per scontato che tra il lavoro e la famiglia le persone possano averne il tempo. Non è una novità che alcuni non riescano nemmeno una volta a settimana.

Ritornando alla quantità di acqua da bere, come già anticipato può andar bene per alcune persone ed essere deleteria per altre. Senza contare che per l’autostima lo scattare una foto al giorno potrebbe avere effetti distruttivi.

Finocchi, perché fanno bene

Perché i finocchi fanno bene e dovremmo mangiarne in grandiose quantità? Abbiamo un’idea di quanto si adattino perfettamente a qualsiasi regime alimentare controllato. Spulciamo ora le ragioni dietro alla loro importanza.

 

i benefici dei finocchi

Partendo prima di tutto da un presupposto: sono ortaggi davvero ipocalorici, in grado comunque di provocare sazietà e avere un’azione rinfrescante grazie alla loro quantità di fibre e acqua. Detto ciò una delle principali azioni benefiche dei finocchi nei confronti del corpo umano è quella di favorire la digestione. Soprattutto negli adulti che soffrono della sindrome del colon irritabile e di costipazione il finocchio funziona come un omino in grado di ripulire l’apparato digerente. Favorendo l’eliminazione delle tossine grazie alla sua ottima quantità di fibre.

I finocchi sono anche un ortaggio perfetto per abbassare i livelli di colesterolo cattivo. Sono molti gli studi che dimostrano come gli alimenti ricchi di fibre, specialmente quelle solubili, siano in grado di portare a un riequilibrio dei livelli di colesterolo nel sangue. Ciò significa che introdurli nella propria dieta dà modo di combattere il rischio di eventi cardiaci, anche grazie alle dosi di potassio contenuto al loro interno.

Se questo non dovesse bastare tra i benefici dei finocchi vi è anche quello di contrastare i radicali liberi grazie all’ottima presenza di vitamina C. Il solo bulbo può essere in grado di fornire quasi il 50% della razione giornaliera di questo elemento. Questa vitamina in particolare favorisce allo stesso tempo la formazione di collagene aiutandoci a rimanere giovani.

Aiutano a mantenere bassa la pressione

Il finocchio aiuta anche a mantenere sotto controllo la pressione sanguigna, favorendone l’abbassamento moderando l’infiammazione grazie al suo contenuto di potassio e ai suoi bassi livelli di sodio. Non ci possiamo ovviamente aspettare dei risultati immediati, ma il consumo di questa verdura è in grado di favorire un generale benessere dell’organismo che si rifletterà anche sulla pressione sistolica.

Soprattutto le donne possono riscontrare un beneficio importante dal consumo di finocchi. Questi potrebbero infatti essere in grado di migliorare i sintomi della menopausa. Una ricerca ha preso in analisi 90 donne in post menopausa di età compresa tra i 45 e i 60 anni che presentavano sintomi moderati. La somministrazione di una capsula al giorno di estratto di finocchio per 8 settimane ha mostrato di essere in grado di alleviare la sintomatologia di questo stato, in coloro che presentavano bassi livelli di estrogeni.

Questi ortaggi possono essere quindi considerati davvero un elisir di salute se consumati nel modo giusto. E un ottimo strumento per perdere peso.

Regola delle 5 A per mangiare sano

La regola delle 5 A? Uno strumento per mangiare sano e avere maggiore energia nel corso della primavera. Un approccio indicato anche da buona parte nel mondo dei nutrizionisti.

Regime alimentare sano per stare bene

È importante sottolinearlo: la pandemia, con quello che ha comportato, ha cambiato quello che era il nostro rapporto con il cibo. La paura di star male e la necessità di mantenere il sistema immunitario al top ci hanno spinto a rendere più sano ciò che ingeriamo. Seguendo con maggiore attenzione quelli che sono i bisogni del nostro corpo. Diciamo che abbiamo lavorato molto sul raggiungimento di un compromesso tra la ricerca di piccole soddisfazioni è un buono stato di salute.

Nel corso del lockdown abbiamo imparato a fare lo yogurt e il pane. E senza dubbio abbiamo iniziato a cucinare di più senza affidarci troppo a cose precotte. Tutto ciò è un ottimo fondamento propedeutico alla regola delle 5 A per mangiare sano.

Soprattutto perché tendiamo a seguire un’alimentazione equilibrata che si basa prima di tutto sulla qualità dei prodotti e sul rapporto tra le calorie vuote e le calorie piene. Queste sono quelle che contengono ottime dosi di macronutrienti come gli antiossidanti, sali minerali e vitamine. Le prime sono invece povere di principi alimentari rispetto alle altre. Facciamo inoltre più attenzione alle quantità ingerite e alle proporzioni all’interno del piatto.

Questo significa che pensiamo molto più di prima all’equilibrio tra proteine, carboidrati e nutrienti che inseriamo nelle nostre porzioni. Per approcciare la nostra alimentazione con la regola delle 5 A dobbiamo fare attenzione anche a rispettare le 3 V ovvero vegetale, varia e viva. Questo significa che i nostri alimenti devono essere prevalentemente di origine vegetale, di diversa tipologia e di stagione con cibi crudi o leggermente cotti.

Ecco la regola delle 5 A

Veniamo ora letteralmente alla regola delle 5 A. Questa indica quali sono le caratteristiche che deve avere una dieta per essere considerata corretta. E sono:

  • Antinfiammatoria (alimenti ricchi di omega-3 e fitonutrienti, spezie).
  • Antiossidante (verdura, frutta, cereali, legumi, semi oleosi, semi).
  • Anti-iperglicemica (alimenti a basso indice glicemico, ad alto contenuto di fibre, solidi e integrali, dal sapore acido e ricchi di omega-3 di origine animale).
  • Antidisbiosi (alimenti ricchi di probiotici, come yogurt, verdure lattofermentate, formaggi a latte crudo ecc., e di prebiotici, quali verdure, frutta, tuberi, semi ecc.).
  • Antitossici (alimenti biologici, freschi, ben conservati e cotti a bassa temperatura).

Tutto questo consente di avere un effetto benefico sugli ormoni prodotti dal nostro corpo, regolando al meglio soprattutto sostanze come serotonina, dopamina e insulina. Seguire questo schema consente di dare all’organismo tutti i nutrienti di cui ha bisogno.

Dieta chetogenica, cuore a rischio?

La dieta chetogenica potrebbe essere molto pericolosa per il cuore. Questo regime alimentare che ha conquistato tantissime star e vip nostrani e non potrebbe non rivelarsi così salutare come sembra.

diete potenzialmente pericolose

Dieta chetogenica e malattie cardiache

A raccontarlo è uno studio condotto dall’università della British Columbia di Vancouver. Gli scienziati hanno sottolineato come la dieta chetogenica potrebbe arrivare a raddoppiare il rischio di sviluppare condizioni cardiovascolari e malattie cardiache potenzialmente mortali.

Ricordiamo che la dieta chetogenica prevede l’assunzione delle calorie giornaliere da un 20%-30% di proteine e da un  60%-80% di grassi. In pratica con questo regime alimentare si tende a mandare il corpo in chetosi consumando meno carboidrati possibili.

Tecnicamente parlando i carboidrati sono generalmente la fonte principale di energia dell’organismo. Nella dieta chetogenica il loro essere proibiti, in pratica, spinge il corpo a scomporre i grassi per produrre energia per far funzionare l’organismo. Certo, questo porta ad attingere alle riserve di grasso del corpo e quindi a dimagrire.

Ma quale costo? È questo che si sono chiesti gli autori dello studio, sottolineando che tale regime alimentare può presentare gravi effetti collaterali. Come sono giunti a questa conclusione? Seguendo 1500 persone per oltre 10 anni e scoprendo che la dieta chetogenica può far aumentare i livelli di colesterolo cattivo favorendo il deposito di grasso nelle pareti delle arterie.

Qualcosa che può rivelarsi base per la presentazione di infarto, ad esempio. Sebbene il nostro organismo produca già da solo colesterolo LDL, regimi alimentari come la dieta chetogenica possono favorirne una maggiore produzione a causa dei grassi saturi e trans. E le placche arteriose che possono venire a crearsi aumentano il rischio sia di infarto che di ictus.

Tenere sotto controllo il colesterolo cattivo

La ricerca condotta dagli scienziati canadesi non ha trovato una correlazione causa effetto ma un’associazione. Ciò significa che nonostante tutto bisogna comunque fare attenzione quando si decide di seguire una dieta chetogenica. E come sempre affidarsi non solo a un esperto ma consultare un medico prima di seguire questo regime.

Non solo: data la casistica sarebbe anche consigliato continuare a studiare gli effetti di questo regime alimentare sull’organismo. Come ha spiegato la coordinatrice dello studio Iulia Iatan, i risultati ottenuti suggeriscono non solo di proseguire con la ricerca ma anche coloro che iniziano una dieta chetogenica devono essere coscienti che farlo potrebbe portare a un aumento dei livelli di colesterolo cattivo.

Cercando contemporaneamente di fare attenzione a quelli che possono essere considerati gli altri fattori di rischio delle malattie cardiache come il diabete, il fumo  e lo scarso movimento fisico.