Da dove poteva arrivare se non dagli Stati Uniti l’ennesima trovata in fatto di nutrizione? Stavolta si tratta del living food, una sorta di variante/evoluzione del raw food che prevede, oltre alla cottura dei cibi a bassissima temperatura, l’eliminazione completa di alcune categorie di alimenti dalla dieta; due sono infatti i principi sui quali si basa questa filosofia alimentare:
- Cottura dei cibi a temperatura non superiore a 42.2°
- Osservanza di una dieta rigorosa e naturale
La cottura, prerogativa del genere umano, viene di fatto considerata dai “consumatori di cibo vivo” la causa delle malattie e dei disturbi più svariati poichè rappresenta un processo di completa distruzione dei nutrienti (soprattutto proteine, vitamine e sali minerali) contenuti nei cibi che li rende oltretutto tossici; a provarlo, assicurano i crudisti, sarebbe l’aumento di globuli bianchi nel sangue che segue appunto l’assunzione di cibi cotti con il conseguente indebolimento delle difese immunitarie; ed è proprio per questo motivo che mangiare cibi crudi aiuterebbe a mantenersi non solo più sani, ma anche più attivi e concentrati.
A questo si aggiunge l’eliminazione dalla dieta di cibi bianchi, quali farina e derivati, riso bianco, latte e latticini, e di alcuni vegetali quali carote, barbietole, melanzane, granoturco e patate. Via libera invece a mandorle e semi vari, fichi secchi, pomodori, lattuga, arance, mirtilli e sedano; tutti alimenti che possono essere consumati a volontà. Sconsigliato il consumo di cibi fritti e da fast food (ma d’altra parte chi si sognerebbe di consigliare il consumo di cheesburger e patatine).
Cosa promette il living food ai propri seguaci? Una vita più sana e più lunga grazie al rafforzamento delle difese immunitarie e un’azione depurativa ed energizzante. Inutile forse aggiungere che i nutrizionisti italiani l’hanno già bocciata: troppo povera di proteine animali, alcune vitamine e calcio, la cui principale fonte alimentare è proprio il latte e i suoi derivati.