Secondo una ricerca condotta dagli studiosi dell’Università di Santiago di Compostela, il latte di agricoltura biologica sarebbe meno nutriente rispetto a quello tradizionale perché più povero di selenio, zinco e iodio. Secondo gli esperti questa differenza sarebbe da addebitare a un’assenza di tali sostanze nella dieta delle mucche allevate in modo bio.
In linea teorica il latte biologico dovrebbe essere migliore rispetto a quello tradizionale in quanto si presuppone che le mucche allevate in questo modo seguano una dieta più sana e abbiano anche uno “stile di vita” migliore rispetto alle “colleghe” allevate in modo intensivo. Lo studio dei ricercatori spagnoli, però, ribalterebbe questa supposizione. La concentrazione nel latte di selenio, zinco, rame e iodio, che sono sì sostanze benefiche, ma che comunque si trovano anche in altre fonti alimentari (il latte non è la fonte primaria tanto per precisare), dipende essenzialmente dalla dieta che seguono gli animali. Perciò se il suolo e l’erba che brucano le vacche sono carenti di alcuni elementi, anche il loro latte lo è.
Per quanto si tenti di screditare i prodotti bio è innegabile che ci sono alimenti che è preferibile non comprare se non di provenienza biologica. Solo per fare un esempio, il mais o la soia sono tra i cibi più contaminati da Ogm e pesticidi, ma la lista degli alimenti a rischio è decisamente più lunga di quello che si immagina: lattuga, mele, pomodori, fragole, peperoni, pesche, cetrioli, ma anche carote, piselli e in generale gli ortaggi con la buccia più spessa.
Diverse ricerche hanno dimostrato che il cibo bio, dal punto di vista nutrizionale, non è diverso da quello tradizionale, ma c’è un “ma”. Una mela bio può anche essere uguale ad una non bio e avere persino lo stesso sapore, ma è pur vero che sarà sempre e comunque priva di pesticidi e questo, scusate se è poco, è una bella differenza. Quanti di voi, onestamente, sanno che i pesticidi causano ogni anno circa 200 mila morti su scala globale? Cifre da brivido, che dovrebbero spingere noi tutti ad una riflessione seria sul problema. È un dato di fatto che l’uso massiccio dei pesticidi abbia destabilizzato profondamente l’equilibrio ecologico dell’ambiente, con conseguenze che ricadono anche sulla nostra salute. Studi recenti sulla tossicità dei pesticidi su cellule in coltura di fegato e del sistema nervoso (neuroni) umane, hanno dimostrato come tali sostante sollecitino un gran numero di geni del DNA umano che intervengono nella formazione del cancro. L’accumulo di pesticidi nel nostro corpo è responsabile non soltanto di asma e allergie, ma anche di malattie neurodegenerative come Alzheimer, morbo di Parkinson, sclerosi multipla, danni al sistema endocrino e riproduttivo (sterilità, malformazioni neonatali, ecc.).
Ebbene, la domanda che sorge spontanea è perché si continuano ad usare tali sostanze evidentemente dannose pur essendo a conoscenza del loro impatto negativo? E il quesito si fa ancora più “interessante” se si pensa che esistono metodi biologici efficaci come e se non di più di quelli chimici, ma del tutto sicuri per la salute nostra e dell’ambiente come l’estratto di ortica contro gli acari o le coccinelle contro la cocciniglia.
Simili ricerche purtroppo contribuiscono a diffondere una certa diffidenza da parte dei consumatori nei confronti dei prodotti biologici a discapito della salute degli stessi e a favore di sistemi produttivi su larga scala che il più delle volte non sono rispettosi dell’ambiente. Il mio consiglio, invece, è quello di dare fiducia all’agricoltura bio, che non solo non fa uso di sostanze chimiche di sintesi a favore di fertilizzanti e antiparassitari naturali, ma non utilizza organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati. È chiaro che non tutto il bio è uguale e va valutato, come del resto fareste per qualunque altro prodotto.
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