Non esiste solo la dieta alimentare. Gli italiani stanno facendo i conti con un altro tipo di dieta, quella per rimettere a regime i conti dello Stato e superare la crisi economica. Nell’ultimo anno non si è fatto altro che parlare di tagli, di sacrifici e di impegno. Ora forse il paese dovrà rinunciare a un preziosissimo istituto l’Iran, che si occupa della ricerca per gli alimenti e la nutrizione.
La dieta ha colpito ancora, ma stavolta a farne le spese è la ricerca, che dovrebbe essere il motore portante di un Paese sano e in crescita. Lo studio dell’alimentazione corretta non è solo un virtuosismo, ma un modo per tutelare la salute. Abbiamo ripetuto molte volte che da quello e da quanto si mangia dipende il benessere del nostro fisico e ovviamente anche la prevenzione da malattie gravi come l’obesità, il diabete, la sindrome metabolica e il cancro.
Non si ha ancora idea quale sia il futuro dell’Istituto e soprattutto dei suoi ricercatori, che lavorano con passione e dedizione tutti i giorni. Attualmente alla Camera ci sono diverse proposte, tra cui che gli enti vigilati dal ministero delle Politiche agricole (Inran, Inea e Cra) si trasformino in agenzie (private). Cosa vuol dire? Sicuramente la ricerca perderà la sua libertà, perché vivrà dei finanziamenti di aziende e industrie.
Fermare la ricerca sull’alimentazione vuol dire esporre la salute dei cittadini a rischi gravissimi e andare contro a quelle che sono le politiche internazionali (tutta Europa e anche gli Stati Uniti si stanno impegnando in questa direzione, per arginare la spesa pubblica sanitaria e non solo). Si può fermare questo processo? Forse no, però è possibile far sentire la propria voce firmano l’appello Salviamo l’Inran sul sito di informazione “Il fatto alimentare“, che ha raccolto in un mese circa 4mila firme. L’unione fa la forza.
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