Fruttarismo, il piacere di vivere di sola frutta

Mangiare solo frutta. È questa la filosofia sposata dal fruttarismo, un regime alimentare che prevede di consumare frutta a ogni pasto. È una dieta che deriva dalla vegetariana e alla ancor più radicale vegana, che ammettono un’alimentazione a base di prodotti esclusivamente di origine vegetale o non provenienti da animali morti. Come sempre ci sono diverse fazioni, come quella dei sostenitori, come Anne Osborne che ha reso famosa questa tendenza nutrizionale con il suo libro Fruttarismo, la via verso il Paradiso, e molti nutrizionisti che invece sono convinti che sia una dieta complessivamente sbilanciata.

Fruttarismo

Il viaggio nell’alimentazione a base di frutta parte dal presupposto che in origine proprio l’uomo, prima di scoprire la caccia, si nutriva solo di frutta e di conseguenza è un approccio totalmente naturale e salutista. Ne consegue che, potenzialmente, ogni persona può decidere di sposare questa filosofia e che coloro hanno che una dieta che comprende il 75 percento di frutta possono considerarsi fruttariani. Non è un passaggio però così semplice e l’ostacolo principale è proprio di carattere culturale, perché il fruttarismo impone il consumo di soli frutti vivi, quindi morbidi e ricchi d’acqua (ci sono fruttariani che non bevono acqua per anni perché già l’assumono mangiando), proprio come il corpo umano. Si escludono, di conseguenza, i cereali, che andrebbero cotti o messi a bagno almeno nell’acqua per renderli commestibili e, in parte anche, le verdure.

Esistono poi i fruttariani crudisti che tendono a mangiare solo frutti crudi.  E se consideriamo la ricerca di un’alimentazione naturale, ma al tempo stesso primordiale, quella cruda si avvicina ancor meglio a questo modello. La frutta presa in considerazione è quella tipica degli alberi, della terra (che comprende frutti selvatici o di bosco) ma anche quella dell’orto, come alcune verdure (dai cetrioli alle zucchine). Non è facile cercare di definire cosa si possa considerare frutta e cosa verdura.  Con “frutta” potremmo identificare quei prodotti vegetali che contengono i semi della loro pianta all’interno e in questa categoria ci possono rientrare anche i pomodori, i peperoni o le melanzane. Ma la verità sta nel fatto che i fruttariani hanno diverse definizioni cui si appoggiano per definire la loro alimentazione, che non è una banale dieta, ma molto di più. È uno stile di vita, più semplice e al tempo stesso più salutare. Ma ne siamo veramente sicuri?

Principi nutritivi della frutta

La prima obiezione che si può porre sta proprio nell’assunzione delle proteine. Non si creano delle carenze? Le diete vegetariane, in generale, sostituiscono le proteine di origine animale con quelle vegetariane. È, però, un dato che la frutta non sia ricchissima di proteine, così come contenga pochissimi grassi, mentre per il 10 percento è costituita di carboidrati. Questi alimenti sono però una fonte incredibile di vitamine del gruppo A, C ed E. La frutta secca (che è ammessa), invece,  è più ricca di proteine ed è anche una fonte di sali minerali e di fibre. Bisogna stare però attenti a consumarne nel giusto quantitativo perché estremamente calorica.

Tornando poi alle proteine. In linea di massima si consiglia l’assunzione quotidiana di 1 grammo di proteine al giorno per chilo corporeo (circa 50-100 grammi di proteine al dì per persona). Tenete conto che la frutta contiene dai 7 ai 24 grammi di proteine per kg, quindi assumendo il giusto quantitativo e soprattutto scegliendo la frutta più proteica si può far fronte alla necessità senza alcun problema.

Le carenze nutrizionali

Questa teoria, seppur molto fascinosa, non è condivisa da tutti, come spesso accade per le diete molto restrittive. Sono numerosi i nutrizionisti convinti che non sia un regime per nulla equilibrato e che consumare molta frutta possa comportare l’assunzione di troppi zuccheri semplici e alla lunga scatenare un diabete, magari già latente. I vegetariani di solito a quest’obiezione rispondono che le proteine vegetali contengono pochi aminoacidi essenziali e per questo motivo riducono il rischio del diabete mellito. Ma c’è di più. Sono anche in grado di mantenere bassi i livelli di colesterolo e influenzano il rapporto insulina/glucagone. Tornando alle carenze, inoltre, gli esperti sostengono che questo regime sia complessivamente povero di sali minerali, come calcio, zinco, ferro, fosforo, magnesio, niacina, ma anche di vitamina B2, vitamina B12, vitamina D e acidi grassi essenziali.

 

Photo Credits| ThinkStock

 

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