Chiunque abbia sperimentato sulla propria pelle una qualunque dieta dimagrante sa perfettamente quanto sia faticoso resistere alle tentazioni e alle gratificazioni offerte dal cibo. Uno studio italiano pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & MetabolismI ha approfondito i motivi per cui ci capita di mangiare anche se non abbiamo realmente fame. Per migliaia di anni, infatti, l’umanità ha dovuto lottare per la conquista del cibo ed è stata la fame a regolare la sua assunzione. Oggi, invece, si mangia anche se ci si sente sazi, per il puro piacere di farlo.
Cercare di comprendere i meccanismi con cui l’organismo risponde a questa situazione così mutata è importante per fronteggiare il dilagare dell’obesità, tanto da far parlare gli esperti di epidemia. Non solo l’America, ma anche l’Europa diventa sempre più extralarge.
Come ha spiegato il coordinato dello studio Palmiero Monteleone, del Dipartimento di psichiatria della Seconda Università di Napoli:
I risultati ottenuti, in collaborazione con il Gruppo di ricerca sugli endocannabinoidi del Laboratorio di chimica biomolecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pozzuoli, sono solo preliminari e andranno approfonditi, ma suggeriscono la direzione in cui andare per capire che cosa sostiene il bisogno di gustare un succulento gelato con panna montata anche alla fine di un ricco pasto.
Gli esperti, infatti, hanno preso in esame un gruppo di uomini e donne giovani e senza alcun disturbo del comportamento alimentare, che sono stati sottoposti a 2 test, a distanza di un 1 mese l’uno dall’altro. Durante il primo esperimento, sono stati invitati a consumare una colazione da 300 chilocalorie, composta al 77% da carboidrati, al 10% da proteine e al 13% da grassi. Successivamente, è stato chiesto loro di quantificare quanto appetito avessero ancora. Dopo 1 ora a ciascuno dei partecipanti è stato presentato il piatto che aveva indicato come preferito, lasciandoglielo davanti per cinque minuti, da guardare e annusare, senza poterlo mangiare subito.
Esattamente 1 dopo, la prova è stata ripetuta, ma anziché del piatto preferito, i volontari hanno consumato un piatto senza sapore, ma ma con le stesse calorie, e la stessa distribuzione di nutrienti, di quello presentato nella prima fase dell’esperimento. Tutti i partecipanti, dopo aver consumato il preparato insapore, si sono dichiarati sazi, tuttavia, dopo 1 ora nessuno ha esitato ad approfittare del fuori pasto e anche in quantità maggiori rispetto alla prima volta.
Come ha spiegato Vincenzo Di Marzo, esperto di endocannabinoidi:
Interessante come queste due situazioni abbiano suscitato reazioni diverse a livello biochimico. Quando i nostri soggetti hanno gustato il cibo che faceva venir loro l’acquolina, il dosaggio dell’ormone grelina, e di uno specifico cannabinoide naturale nel sangue, aumentavano in maniera significativa, e restavano elevati per un paio d’ore. Al contrario, quando il “supplemento” non era gradito i livelli di queste sostanze andavano progressivamente scendendo.
Lo studio, dunque, dimostra, ancora una volta, come siamo “programmati” per acquisire il maggior numero di calorie in vista di eventuali carestie, e il sapore dei cibi, in tutto questo, svolge un ruolo funzionale. Dunque la fame può essere sì una risposta alla necessità di nutrirsi, ma può venire anche dalla semplice vista degli alimenti che riteniamo invitanti.
A questo punto viene da chiedersi, soprattutto quando si parla di fame nervosa, dettata da stress, attacchi di ansia e tensioni nervose, se esistano dei rimedi per tenerla a bada. Il metodo migliore, almeno per esperienza personale, è quello di mettere in atto dei trucchi per non sentirsi a dieta, concedendosi, ad esempio, 2 quadretti di cioccolata fondente a metà mattina, un succo di frutta senza zuccheri aggiunti o, visto l’ondata di calore, un sorbetto alla frutta, piuttosto che un gelato o un pezzo di torta. L’eccessiva rigidità di una dieta, a volte, può minare la sua buona riuscita e creare ansia, innescando un circolo vizioso che porta a mangiare ancora di più.
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