Il calcio è un minerale essenziale per la nostra salute ed è essenziale assumerlo nelle giuste dosi, soprattutto per le donne: basti pensare che coloro che assumono dosi di calcio troppo elevate o troppo basse, sono esposte a un rischio maggiore di morte per diverse cause, prime fra tutte per quelle derivanti da malattie cardiovascolari o cardiache.
Un campanello d’allarme importante messo in evidenza da uno studio condotto dai ricercatori svedesi dell’Università di Uppsala e pubblicato sul British Medical Journal, secondo il quale le donne sarebbero più esposte a questo rischio per la maggiore predisposizione all’osteoporosi e alla perdita di densità minerale ossea.
Proprio per questa predisposizione molto spesso viene consigliata l’assunzione di calcio tramite integratori, in quanto non sempre la dieta è in grado di apportare la giusta quantità del minerale, ma così facendo si rischia una vera e propria overdose da calcio.
Livelli troppo elevati di calcio aumenterebbero il rischio di morte dovuto a patologie cardiovascolari, così come livelli troppo bassi sono indubbiamente dannosi.
Lo studio dei ricercatori danesi ha preso in esame 61.443 donne, seguite per una media di 19 anni monitorate, appunto, per valutare l’associazione tra calcio e morte per malattie cardiovascolari, analizzando dati quali dieta, apporto di calcio, stato di menopausa, attività fisica, corporatura, livello di istruzione, vizio del fumo e altr dati.
L’analisi dei dati ha permesso ai ricercatori di rendersi conto che sia coloro che avevano assunto dosi di calcio troppo alte o troppo base, avevano avuto un tasso di mortalità più elevato rispetto a coloro che ne assumevano una giusta dose. Il fabbisogno giornaliero di calcio per una donna di età compresa tra i 30 e i 49 anni è di 800 mg, mentre per le ultracinquantenni varia tra 1200 e i 1500 mg.
Dalle analisi dei dati raccolti, i ricercatori hanno evinto che sia un’assunzione eccessivamente elevata sia una troppo bassa di calcio, può influire sul normale controllo omeostatico dell’organismo rendendo la persona più esposta al rischio di morte per malattie cardiovascolari.
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