È scoppiata una vera e propria polemica mediatica in questo giorni, a seguito di una nuova classificazione della Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sui tumori dell’Organizzazione mondiale della sanità che si occupa di stabilire il rischio cancerogeno delle diverse sostanze. Secondo l’Agenzia, un consumo eccessivo (sottolineo eccessivo) di carne rossa e di carni lavorate (dal bacon alle salsicce) favorisce un aumento del rischio di ammalarsi di cancro.
Non è una condanna a chi mangia carne e non è neanche un invito a non mangiarne. Semmai è importante fare attenzione a moderare il consumo. Molto spesso non siamo davvero consapevoli di quello che mettiamo nel piatto: antipasto di salumi e formaggi, un primo piatto ricco, magari una lasagna o una pasta ripiena, e poi un arrosto o una bella bistecca al sangue. Tutto eccellente, peccato che la carne è entrata tre volte nel nostro menù e non è salutare. La nuova piramide alimentare invita a non mangiare carne rossa più di 2 volte la settimana (due volte non vuol dire due pasti, ma due porzioni in tutto ovvero massimo 160-300 grammi a settimana) e di limitare quanto più possibile il consumo della carne in generale.
Perché si parla di cancro? I sospetti di cancerogenicità sono stati concentrati soprattutto sulle carni lavorate, quelle cioè sottoposte a salatura, essiccatura, affumicatura, aggiunta di conservanti, preparati per lo più con carni rosse (come maiale e manzo), ma anche con pollame, frattaglie o altri carni rosse. Carmine Pinto, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), ha commentato:
“Per quanto riguarda le carni rosse è una questione di modalità e di quantità, non esiste una ‘soglia di esposizione’ oltre la quale ci si ammala sicuramente. Il messaggio che dobbiamo dare è che la carne rossa va consumata nella dovuta modalità, una o due volte a settimana al massimo. Il messaggio principale è invece un invito a tornare alla dieta mediterranea, che ha dimostrato invece di poter diminuire il rischio di tumore”.
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