Sono moltissime le persone che alla fine di un pasto si concedono il cosiddetto ammazzacaffè, un liquore amaro a base di erbe dal tasso più o meno alcolico, che si è soliti credere che faccia digerire.
Quella che l’amaro aiuti la digestione, in realtà è solo una credenza che si basa sul fatto che, dopo aver bevuto questo liquore si avverte un leggero senso di bruciore all’interno dello stomaco; ciò è vero solo in parte: il sapore amaro delle erbe aumenta, sì, la secrezione dei succhi gastrici, ma la gradazione alcolica di queste bevande, irrita le pareti dello stomaco rallentandone lo svuotamento e, quindi, la digestione.
Infatti, la maggior parte degli amari possiedono una gradazione alcolica piuttosto elevata, ovvero tra i 30 e 35°, proprio per questo, l’unico amaro che davvero stimola la digestione, è quello a base di rabarbaro, in quanto la sua gradazione alcolica si attesta intorno ai 12,5°; bene anche il vino che con i suoi 10 o 14°, riesce a stimolare la secrezione dei succhi gastrici.
L’amaro va sempre bevuto dopo i pasti e mai a stomaco vuoto, in quanto a digiuno la mucosa gastrica non è protetta dal cibo ed è più indifesa; in ogni caso, è bene bere l’amaro dopo il pasto più consistente della giornata.
Per quanto riguarda la linea, le notizie non sono confortanti: l’amaro fa ingrassare. Basti pensare che 30 ml di amaro, ovvero un classico bicchierino, contiene circa 55 calorie, 5 delle quali sono date dagli zuccheri che vengono usate per attenuare il sapore amaro delle erbe, e le altre 50 dall’alcol.
Per questo, se si è a dieta sarebbe meglio evitare di bere l’amaro, o per lo meno di berlo con il ghiaccio, in modo da far abbassare la gradazione alcolica, anche se, in questo modo, si perde un po’ il sapore delle erbe.