Con il termine dieta chetogenica si fa riferimento a regimi alimentari dimagranti caratterizzati dalla drastica riduzione dei carboidrati e basati sul presupposto che un elevato introito di proteine e grassi favorisca il consumo di questi ultimi a scopo energetico, evitandone l’accumulo. L’organismo, infatti, utilizza di norma i carboidrati per “produrre” l’energia di cui necessita ma quando le riserve di questi sono insufficienti ricorre ai grassi per ottenere il medesimo risultato.
Il dimagrimento effettivamente ottenibile grazie alle diete chetogeniche è dovuto inizialmente alla perdita di acqua e al consumo di glicogeno (il carburante dell’organismo ottenuto dai carboidrati); solo in seguito la riduzione dell’introito calorico giornaliero, favorita dal potere saziante di grassi e proteine, determina il dimagrimento vero e proprio dovuto alla perdita di grasso corporeo.
Tuttavia, questo spostamento del metabolismo verso l’ossidazione dei grassi non avviene in maniera del tutto “indolore” poichè ha come conseguenza la produzione di corpi chetonici (da qui il nome di chetogenica), scorie che se prodotte in quantità eccessive possono determinare accumulo di acidi tossici, disidratazione e problemi renali. Inconvenienti cui può aggiungersi la carenza di calcio, fibre e vitamine. Il rischio di chetosi risulta inoltre aumentato in coloro che praticano abitualmente attività sportiva poichè il movimento stimola ulteriormente la produzione di corpi chetonici.
D’altra parte, i risultati, in termini di perdita di peso, ottenibili mediante una dieta chetogenica sono i medesimi che è possibile conseguire con diete iperproteiche meno drastiche quali le ben note diete low carb delle quali noi stessi vi abbiamo parlato in diverse occasioni. Anche queste ultime però, seppure più equilibrate, sono consigliabili solo per brevi periodi di tempo (lo stesso dottor Tarnhower, ideatore della dieta Scarsdale, raccomanda di non andare oltre i quindici giorni).
Per concludere una “curiosità”: la dieta chetogenica fu ideata negli anni ’20 per la cura dell’epilessia dopo che alcuni studi dimostrarono come il digiuno (che in un certo senso le diete di questo tipo simulano) agisse positivamente sulle crisi riducendone la frequenza e l’intensità.