Agave, rimedio contro diabete e osteoporosi

Da un recente studio degli scienziati del Centro de Investigación y de Estudios Avanzados, meglio noto come CINESTAV, dell’Instituto Politécnico Nacional, in Messico, arriva la constatazione che la pianta di Agave, che si utilizza  tra l’altro come ingrediente principale per produrre la tequila, abbia la capacità di favorire la formazione di nuovo tessuto osseo e al contempo di stimolare la produzione dell’ormone GLP-1, un’incretina, ovvero un ormone rilasciato in circolo dall’intestino in risposta all’assunzione di cibo, la cui funzione primaria è la stimolazione della secrezione insulinica in base alle concentrazioni di glucosio presenti nel sangue.

Secondo lo studio condotto dal team di ricercatori messicani il merito dell’azione benefica dell’Agave è dei fruttani, oligosaccaridi tipici del mondo vegetale composti prevalentemente da fruttosio, usati dalle piante come riserva di energia e rintracciabili soprattutto nelle foglie e negli steli. Sono proprio loro le sostanze attive in grado di intervenire in caso di osteoporosi e diabete.

La dott.ssa Mercedes Lopez, che è stata a capo del gruppo di ricerca, ha condotto uno studio su modello animale dove si è evidenziata l’azione benefica dei fruttani presenti nell’Agave. L’esperimento è stato semplice. I ricercatori hanno sottoposto un gruppo di topi ad una dieta composta per il 10% circa da queste sostanze, per varie settimane. Al termine dell’ultima settimana sono state effettuate delle analisi. Dai risultati è emerso che i topi riuscivano ad assorbire una maggiore quantità di calcio, a eliminare meno minerali, ad aumentare del 50% l’osteocalcina, la più importante proteina non collagena della matrice ossea e ad incrementare la produzione dell’ormone GLP-1.

Questi risultati, poiché sono stati misurati esclusivamente su modello animale, ora attendono la verifica sugli esseri umani. Per questo motivo, il team di ricercatori messicani a breve inizierà una seconda fase della ricerca proprio in questo senso, in maniera tale da poter impiegare questi studi, in un futuro non troppo lontano, nell’industria farmaceutica.

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